In cosa consiste l’assenza dello scopo di lucro in un ente del terzo settore e soprattutto quali sono le misure normative che determinano questa condizione?
Innanzitutto parliamo di destinazione vincolata del patrimonio, il quale deve essere unicamente utilizzato per svolgere attività statutarie finalizzate al perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
E poi di divieto di distribuire, anche indirettamente, utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali.
Destinazione vincolata del patrimonio
Una volta che i soci fondatori con i propri contributi o successivi avanzi di bilancio abbiano formato un patrimonio associativo esso è per sempre vincolato a perseguire le finalità statutarie di interesse generale. Ciò sia durante che alla fine della vita dell’associazione. In merito a quest’ultimo momento della vita associativa, cioè alla fase dello scioglimento, mentre gli enti non commerciali esterni al Terzo Settore possono liberamente decidere a chi devolvere il patrimonio residuo sia pure rimanendo nel novero di enti di uguale natura e con uguali finalità (art. 31 Codice Civile), il nuovo Codice del Terzo Settore ha disposizioni ben più pesanti tanto da sostanzialmente annullare la piena e libera determinazione dell’ente. In caso di estinzione o scioglimento dell’ente infatti il patrimonio residuo deve essere devoluto, previo parere positivo dell’Ufficio del Registro Unico nazionale del Terzo Settore e salva diversa destinazione imposta dalla legge, agli altri ETS secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente, ovvero, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. Secondo l’art. 9 del CTS infatti la devoluzione dei beni avviene “previo parere positivo dell’Ufficio di registro competente ai sensi dell’art. 45”; si è così in presenza di un parere obbligatorio e vincolante come è reso palese dal fatto che deve trattarsi di parere positivo.
Altro aspetto innovativo è costituito dalle conseguenze di un eventuale omissione nella richiesta del parere vincolante dell’Ufficio del registro e nella eventuale operatività in senso difforme. L’art. 91 del CTS prevede infatti che in tali casi siano irrogate sanzioni pecuniarie trasferibili su tutti i membri degli organi dell’ente che hanno partecipato all’autonoma determinazione sulle modalità di devoluzione.
Divieto di ripartizione degli utili
Il Codice del terzo Settore, oltre ovviamente a vietare la distribuzione degli utili, enumera con precisione tutte le forme di distribuzione indiretta che comunque anche in maniera occulta danno luogo a ripartizione di utili:
– la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
– la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi nazionali, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento di attività di interesse generale legate a sanità, formazione universitaria e ricerca scientifica;
– l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale;
– la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento.