La complessità del nostro sistema fiscale

L’architrave del nostro sistema tributario è costituito dall’art. 53 della Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Due sono quindi i principi cardine:
1. quello della capacità contributiva secondo ogni cittadino è chiamato a versare le imposte in base alle proprie possibilità economiche;
2. quello della progressività secondo cui l’aliquota di imposizione cresce più che proporzionalmente rispetto al reddito (il sacrificio chiesto ai più ricchi deve essere proporzionalmente più elevato di quello chiesto ai più poveri).

Ora, a partire dalla semplicità di questi principi si è poi sviluppato in Italia quello che è diventato uno dei sistemi fiscali più complessi al mondo (nel 2017 il terzo più complicato dopo quelli di Turchia e Brasile). Ciò in assoluto non rappresenterebbe un problema se servisse ad intercettare in maniera più precisa la capacità contributiva dei singoli cittadini realizzando così in maniera piena il relativo principio costituzionale. La sostanza tuttavia è un’altra. Innanzitutto nel corso degli anni le misure fiscali sono state usate come sempre più pervasivo strumento di politica economica finalizzato a dare impulso all’economia attraverso il meccanismo delle detrazioni e dei crediti d’imposta. Ma soprattutto esse hanno rappresentato il principale e più immediato mezzo per comunicare direttamente alla pancia degli elettori (chi non ricorda tanto per citare due esempi il colpo basso di Berlusconi sull’abolizione dell’ICI nel faccia a faccia del 2006 con Prodi, o il bonus degli 80 euro introdotto prima delle elezioni europee vinte nel 2014 da Matteo Renzi?).
La combinazione di questi due fattori è andata così a creare un inestricabile coacervo di norme tra le quali è veramente difficile orientarsi anche per gli stessi addetti ai lavori. Negli ultimi anni a confondere la situazione ci si è addirittura messo anche l’utilizzo di termini in lingua inglese (jobs act, reverse charge, split payment, voluntary disclosure, flat tax, cashback…) che anche solo per puro rispetto dei cittadini e della democrazia andrebbero proibiti per legge.

Ciononostante esistono dei “meccanismi cardine” che tutti, o quantomeno i lavoratori autonomi o i piccoli imprenditori che agiscono in prima persona sul mercato, dovrebbero comprendere almeno nel loro funzionamento generale e nella loro ratio. Per capirci, parliamo di Iva, ritenute d’acconto, deduzioni e detrazioni fiscali, contribuzione previdenziale, imposizione sostitutiva, etc etc. Anni di professione però mi hanno hanno fatto capire che così non è.
Intendo allora condurre su questo sito un’opera di divulgazione, rifacendomi in parte alla mia esperienza professionale, ma in parte prendendo spunto dalle esigenze che sarete voi stessi a segnalarmi in commento.
Grazie fin d’ora della collaborazione e buona navigazione!

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