Un artista o un professionista, oltre a prestare servizi, assistenza, consulenze o quant’altro alla propria clientela può anche cedere o concedere la possibilità di utilizzo, e dunque di sfruttamento economico, di proprie opere originali. Si pensi ad un avvocato che utilizzi le proprie competenze professionali per scrivere articoli su riviste di settore, o a un interprete che traduca un opera letteraria o anche a un illustratore che ceda il diritto economico di sfruttamento di una propria opera originale, etc. etc.
Fino a prima del 2019 c’era il dubbio che reddito del lavoratore autonomo che utilizzasse le proprie competenze professionali per produrre opere dell’ingegno dovesse seguire il principio di attrazione secondo il quale il compenso doveva concorrere a formare il reddito professionale, oppure che esso dovesse rimanere fuori dal campo di applicazione dell’iva ex art. 3 co. 4 lett. a) DPR 633/72, ed assoggettato al trattamento IRPEF agevolato di cui al comma 8, art. 54 del TUIR.
La risposta 517/E/2019 dell’Agenzia delle Entrate sancisce il principio – già espresso sebbene in forma più sfumata con la risoluzione 311/E/2008 – secondo cui i compensi derivanti dalla cessione del diritto d’autore ogniqualvolta siano effettivamente correlati alla attività professionale andranno innanzitutto fatturati, e poi quindi assoggettati all’imposta su reddito di lavoro autonomo con la sola particolarità che le aliquote di abbattimento forfetario dei costi rimarranno quelle previste dall’articolo 54, comma 8 del TUIR.
Resta evidentemente a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare che la cessione di un diritto d’autore sia correlata all’attività del lavoratore autonomo, che non si sarebbe dunque verificato senza lo svolgimento continuativo e organizzato della sua attività artistica o professionale.