Se è estremamente frequente trovare approfondimenti riguardo il regime agevolativo (deduzioni o detrazioni d’imposta) previsto per chi eroga liberalità, poco o nulla si trova invece in merito all’imponibilità o meno delle stesse in capo a chi le riceve, ossia al beneficiario.

Parliamo di liberalità, senza sinallagma, che nello specifico sono molto frequenti per gli enti non profit in forma di erogazioni ricevute da soggetti terzi quindi non soci, non in occasione di raccolte fondi (art. 143 co. 3 lett. a), e non da Amministrazioni Pubbliche per lo svolgimento di attività aventi finalità sociali in conformità ai fini istituzionali (art. 143 co. 3 lett. b).

Prima di addentrarci nell’argomento è necessario evidenziare il principio di riserva di legge operante nel nostro sistema tributario, sancito dall’art. 23 della Costituzione secondo cui “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
E’ a partire dal metodo casistico quindi, che informa la disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società con le relative norme di dettaglio, che bisogna stabilire se le liberalità non donative, alla stregua di quelle donative che però rispondono ad una logica impositiva completamente diversa, rilevino ai fini delle imposte sui redditi. In sostanza tali entrate avranno rilevanza imponibile solo ed esclusivamente nel caso vi sia una norma che lo preveda.

Alla luce di ciò:

  • l’art. 88, comma 3, lett. b), del D.P.R. n. 917/1986 dispone che per i titolari di reddito d’impresa i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di liberalità sono considerati sopravvenienze attive, e quindi componenti positivi di reddito. Pertanto le liberalità danno luogo alla tassazione in capo al soggetto beneficiario ai fini delle imposte dirette se quest’ultimo produce reddito d’impresa;
  • in assenza di una espressa previsione normativa invece liberalità che abbiano come beneficiari artisti o professionisti non concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo;
  • per il resto, quindi per chi operi al di fuori dell’esercizio di imprese arti o professioni, come ad esempio gli enti non commerciali che trovano in questo provento una importante e tipica voce di entrata, non vi sono norme che consentano di attribuire rilevanza alle liberalità ricevute. Esse in questi casi sono pertanto da considerarsi irrilevanti ai fini dell’imposizione diretta e quindi della determinazione del reddito imponibile.