Per la prima volta nel sistema normativo italiano la riforma del Terzo Settore prevede e regolamenta l’attività di volontariato come azione del volontario in qualità di singola persona e introduce pertanto una definizione giuridica di volontario (e di volontariato) anche al di fuori del contesto associativo. Fino ad oggi infatti esso era inteso esclusivamente come aderente ad una organizzazione di Volontariato, ora invece supera tale confine e si legittima come valore aggiunto anche in altri contesti nelle nuove categorie di enti di Terzo settore (ODV, APS imprese Sociali, altri ETS).
“Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge in favore della comunità e del bene comune […] mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà” (CTS art. 17, co. 2).
Il volontario ha dunque due caratteristiche, soggettiva e oggettiva:
a) soggettiva – si sostanzia nell’azione della persona che origina da una libera scelta e si attua in modo personale, spontaneo e gratuito, con la messa a disposizione del proprio tempo e delle proprie capacità senza finalità lucrative e per fini solidaristici.
b) oggettiva – l’attività è svolta in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ETS, finalizzata alla promozione di risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della medesima azione.
Carattere principale è quindi la gratuità: l’attività del volontario non può essere in alcun modo remunerata, neppure in modo indiretto, né dall’associazione né dal beneficiario (art. 17, co. 3, CTS). In conseguenza di ciò la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui fa parte ( CTS art. 17, co. 5 ). Non è considerato volontario neanche chi occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni (CTS art. 17, co. 6).
Il volontario ha diritto al rimborso delle spese sostenute e documentate ma condizioni ed ev. limiti massimi devono essere preventivamente disciplinati dall’ente con statuto, regolamento o delibera dell’organo competente. Non sono ammessi rimborsi a forfait. Al solo scopo di semplificare gli adempimenti sono specificatamente ammesse a rimborso le spese sostenute dal volontario, mediante autocertificazione, nei limiti di 10 euro giornalieri fino a un massimo di 150 euro mensili. Anche in questo caso occorre però che l’organo associativo competente stabilisca per quali spese sia ammessa questa modalità di rimborso (art. 17, co. 4, CTS). L’autocertificazione in ogni caso presuppone l’effettiva esistenza della spesa anticipata e che, all’occorrenza, tale spesa venga debitamente provata. In mancanza sono previste sanzioni di carattere penale.
E’ prevista l’iscrizione in un apposito Registro per i volontari che svolgono attività “in modo non occasionale” (CTS co. 1 dell’art. 17). La legge non esplicita i termini per quantificare l’occasionalità, ma certamente questa si deve sostanziare in un’attività del volontario sia incardinata nell’attività istituzionale dell’Ente, esercitata con cadenza periodica e costante. L’obbligo assicurativo sorge in ogni caso anche per i volontari occasionali che non sono iscritti nell’apposito registro e previa copertura rispetto a infortuni, malattie connesse allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
Promozione della cultura del volontariato
La riforma all’art. 19 introduce anche norme intese a promuovere la “cultura del volontariato” (CTS, art. 19)
– presso le aziende private nelle quali i lavoratori subordinati che intendano svolgere attività di volontariato in un ente del Terzo settore hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l’organizzazione aziendale (art. 17 c. 6-bis);
– presso la Pubblica Amministrazione e le istituzioni scolastiche attraverso la previsione, da attuarsi mediante decreto ministeriale, della definizione di criteri per il riconoscimento in ambito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite nello svolgimento di attività o percorsi di volontariato.