Le entrate dello Stato centrale sono rappresentate per circa l’88% da fonti tributarie – dunque imposte, tasse e contributi – all’interno delle quali la parte più rilevante è costituita da imposte (dirette e indirette). Una parte importante del prelievo tributario ha poi carattere territoriale, finisce cioè nelle casse di comuni (IMU e addizionale comunale IRPEF) e regioni (IRAP e addizionale regionale IRPEF). Il complesso di tutte le entrate tributarie è descritto ogni anno dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Le entrate extra-tributarie invece derivano da servizi resi dalle amministrazioni pubbliche (tasse), da controllo e repressione irregolarità e illeciti, alienazione di beni, etc.
L’art. 53 della Costituzione italiana recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività“. Principio di capacità contributiva e progressività nell’imposizione sono quindi i due capisaldi sui quali i padri costituenti hanno fondato la loro visione del sistema tributario del nostro paese.
Imposte dirette
Le imposte dirette in tal senso sono quelle che più direttamente incarnano il criterio della capacità contributiva in quanto commisurano l’imposta alle manifestazioni più evidenti e dirette della ricchezza dei cittadini: reddito e patrimonio.
Le imposte sul reddito colpiscono sia le persone fisiche (IRPEF) che le persone giuridiche (IRES). A queste va aggiunta l’IRAP, imposta diretta che colpisce persone fisiche e giuridiche che esercitano attività economiche dotate di autonoma organizzazione. L’IRPEF più da vicino incarna i principi costituzionali di progressività dell’imposta in quanto si applica per aliquote crescenti al crescere degli scaglioni di reddito dei contribuenti. Ciononostante nel tempo quote sempre maggiori di imponibile sono state sottratte a tale modalità di imposizione per essere sottoposte a forme varie di imposizione sostitutiva con aliquota fissa (cosiddetta flat tax) che per l’appunto non è progressiva ma proporzionale colpendo tutti i contribuenti con la stessa aliquota a prescindere dalla loro ricchezza. Al momento rappresentano forme di “tassa piatta”:
- la cedolare secca sulle locazioni
- l’imposta sostitutiva sui regimi agevolati iva (ex minimi e forfettario)
- ritenute alla fonte a titolo d’imposta sui redditi di capitale (proventi da rendite finanziarie su titoli di stato, obbligazioni etc, o redditi derivanti dalla partecipazione al capitale di rischio di società)
L’altra grande categoria di imposte dirette è rappresentata da quelle che gravano sul patrimonio, altro indice direttamente legato alla ricchezza (capacità contributiva) del contribuente. Queste non sono mai imposte progressive perché si applicano con la medesima aliquota a patrimoni di qualsiasi entità. Esse colpiscono:
- il patrimonio immobiliare, ossia terreni e fabbricati, attraverso l’IMU e la TASI, entrambe imposte ci carattere comunale
- il patrimonio mobiliare, ossia azioni, titoli o prodotti finanziari, attraverso l’imposta di bollo pur essendo formalmente un’imposta indiretta assume le caratteristiche di un’imposta diretta andando a colpire la ricchezza finanziaria posseduta del contribuente.
Imposte indirette
Sono così definite perché colpiscono grandezze solo indirettamente legate alla capacità contributiva del contribuente quali ad esempio il consumo, l’acquisto di specifici prodotti, i trasferimenti di ricchezza, o la stipula di determinati contratti.
Proprio per questo motivo, perché cioè al contrario delle imposte dirette gravano su indicatori indiretti della ricchezza, sebbene siano stabilite in somma fissa o con aliquote proporzionali, di fatto tendono ad avere carattere regressivo, cioè tendono a crescere percentualmente al diminuire del reddito. Questo in parte perché colpendo in egual misura tutti i contribuenti tendono ad incidere in misura percentualmente maggiore sui redditi più bassi, dei soggetti meno abbienti; ma soprattutto perché, specificatamente nel caso delle imposte sui consumi, la propensione marginale al consumo è più alta per chi ha redditi più bassi. In altri termini chi guadagna di meno è costretto a spendere, a consumare tutto o quasi tutto il proprio reddito mensile (propensione del consumo rispetto al reddito pari o prossima al 100%), mentre chi guadagna di più consumerà solo in parte il proprio reddito accantonandone l’altra parte come risparmio.
Le principali forme di imposizione indiretta sono rappresentate da:
l’IVA, imposta generale sui consumi i cui principi cardine sono disciplinati dall’Unione Europea e che colpisce il consumo di beni e servizi con differenti aliquote e specifiche esenzioni (come ad esempio quella sulla prestazioni sanitarie);
Le accise che colpiscono la fabbricazione e la vendita, e quindi il consumo, di specifiche categorie di prodotti come ad esempio i carburanti, gli alcolici, i tabacchi;
L’imposta di registro, dovuta per la registrazione di determinati atti giuridici. Ha natura di imposta quando viene determinata in proporzione al valore economico dell’atto o del negozio (come ad esempio per i contratti di locazione) mentre riveste natura di tassa laddove è correlata al servizio di registrazione da parte dell’Agenzia delle Entrate;
Le imposte ipotecaria e catastale dovute in occasione di atti di compravendita, donazione, successione etc. di beni immobili;
L’imposta di bollo applicata alla produzione, richiesta o presentazione di determinati documenti. Anche questo tributo ha carattere misto in quanto si configura a volte come imposta e a volte come tassa.