Contabilità e rendicontazione

Non è mai superfluo ripetere e sottolineare come l’aspetto economico per un ente non profit, pur se sempre presente, non costituisca un fine ma un mezzo per il perseguimento delle finalità statutarie che non sono mai di carattere lucrativo. Economico sì, come ad esempio per le associazioni professionali o per le fondazioni bancarie, ma mai lucrativo.
L’obiettivo economico dell’ente dunque è “solo” quello di assicurare la sostenibilità delle proprie attività istituzionali. La strumentazione contabile ed i metodi di rappresentazione del rendiconto economico-finanziario devono essere esclusivamente concepiti e utilizzati in questa prospettiva.

Libri contabili, criteri di rendicontazione consuntiva e di preventivo

Nelle società commerciali l’unico obiettivo è la valorizzazione del capitale investito, o della remunerazione del lavoro nel caso delle società cooperative. Il bilancio è quindi il documento cardine, che sintetizza compiutamente ed in certo qual modo “esaurisce” le necessità di rendicontazione dell’attività esponendone i risultati quantitativi pecuniari di cui costituisce il riflesso più diretto e fedele. Note integrative e relazioni degli amministratori servono solo a rendere più chiari e a mostrare l’evoluzione dei dati numerici contenuti nei prospetti contabili. In questo caso il principio di rappresentazione dei fenomeni per competenza è quello aiuta a far emergere in maniera più efficace e attendibile i diversi risultati di esercizio nei quali si articola e divide la vita economica della società. Il criterio di competenza economica dà in sostanza più informazioni sullo stato di salute dell’azienda, sulla situazione patrimoniale, sulle componenti di costo e ricavo pluriennale, sull’attività realmente sviluppata nel singolo esercizio al di là del fatto che abbia dato o meno luogo a manifestazione finanziaria (incassi o pagamenti).

Nel mondo del non profit invece accade esattamente il contrario. Ciò che acquisisce centralità nell’attività di rendicontazione è la relazione di missione del presidente (e per le realtà più grandi il bilancio sociale), i verbali delle riunioni di direttivo, le attività associative documentate al di là del fatto che abbiano o meno avuto anche un riscontro economico. In questo caso i numeri servono solo a garantire che il tutto sia sostenibile, o comunque a stimare magari ricorrendo ad una fase di preventivo, in quale misura possa rimanerlo ricorrendo a maggiori contributi degli iscritti o ad altre fonti straordinarie di finanziamento. Qui sembra assolutamente più adeguato ed efficace rappresentare i fenomeni col criterio finanziario che oltretutto ha il merito di essere di più semplice e intellegibile lettura, integrando il rendiconto annuale per cassa con un quadro ‘patrimoniale semplificato” che indichi sinteticamente la consistenza patrimoniale dell’associazione. Questo almeno per quelle realtà piccole o medio-piccole nelle quali prevalga l’aspetto personale su quello organizzativo. Negli altri casi (enti che potremmo definire grandi e medio-grandi, con entrate cioè superiori al 220.000 auro annui) il codice del terzo settore stabilisce infatti che oneri e proventi debbano essere contabilizzati per competenza e rendicontati tramite stato patrimoniale e rendiconto gestionale.

Chiarezza e partecipazione

In definitiva sarà la chiarezza, ancor più della trasparenza, l’obiettivo principale dell’attività di rendicontazione. Faciliterà la comprensione e darà ai soci solide basi per discutere e valutare senza sospetti la conduzione dell’amministrazione favorendone il coinvolgimento e anche la propensione a contribuire economicamente al sostentamento dell’associazione quando e nella misura in cui ciò dovesse rivelarsi necessario per perseguire le finalità statutarie.