FAQ Terzo settore

Società e associazione. Qual è la differenza?

Capita che sorgano equivoci tra i due termini perché società e associazioni rientrano tutt’e due nella famiglia dei contratti di collaborazione. In entrambe c’è un’unico scopo che anima tutti i contraenti. Tuttavia mentre nelle società lo scopo è esercitare in comune un’attività economica per dividerne gli utili, in un’associazione le finalità sono di carattere extra-economico. La componente economica in un’associazione rappresenta un vincolo di sostenibilità per raggiungere gli obiettivi associativi, non un fine come invece accade nelle società. In tal senso tra i due soggetti si realizza una perfetta inversione del ruolo e del significato della componente economica: nelle società è un fine, nelle associazioni è un mezzo.

In che senso un’associazione può essere “non riconosciuta”?

Le associazioni secondo il codice civile possono essere di due tipi riconosciute e non riconosciute. Le prime sono tali perché viene concesso loro riconoscimento della personalità giuridica ed autonomia patrimoniale perfetta, in modo che le responsabilità economiche derivanti dall’attività ricadano solo sull’associazione e non sui patrimoni degli amministratori. Le seconde invece, le associazioni non riconosciute, non hanno autonomia patrimoniale perfetta cioè di eventuali obbligazioni contratte e non coperte dai fondi associativi risponde anche personalmente e solidalmente chi agisce per conto dell’associazione (Presidente, membri dell’organo direttivo).
La stragrande maggioranza delle associazioni in Italia sono non riconosciute non perché “meno importanti” di quelle riconosciute ma semplicemente perché, reputando di esercitare attività economiche poco rischiose, non hanno ritenuto utile limitare la responsabilità patrimoniale degli organi direttivi chiedendo il riconoscimento.
Ovviamente un’associazione “riconosciuta”, quindi dotata di personalità giuridica avrà oneri per adempimenti e obblighi di rendicontazione assai più impegnativi di una associazione “non riconosciuta”.

In che senso un’associazione può svolgere un’attività commerciale?

In alcuni casi anche una associazione, che si caratterizza per il perseguimento di finalità extra-economiche, può decidere di esercitare un’attività economica valorizzando beni o servizi sul mercato (attività commerciale). Tale attività tuttavia deve rimanere strumentale a quella istituzionale-associativa che persegue esigenze di coesione sociale, crescita culturale, partecipazione politica, diffusione e fruizione di arte e cultura, solidarietà e assistenza, etc. Dentro ad una associazione in altri termini può certamente formarsi un nucleo aziendale organizzato che produce per il mercato, ma esso sarà sempre finalizzato a creare margini per finanziare la vita associativa che è e rimane senza scopo di lucro.

Perché non ha particolare senso dire “associazione senza scopo di lucro”?

Dire che un’associazione è senza scopo di lucro è pleonastico e ridondante. Infatti un’associazione, a differenza di una società, è sempre senza scopo di lucro in quanto le finalità per cui si costituisce ed agisce sono di carattere ideale, solidaristico, culturale, etc., e comunque mai direttamente economico, a pena del disconoscimento della sua stessa natura.

Quali sono gli articoli del CTS riguardanti la parte fiscale che entreranno in vigore solo dopo l’approvazione della UE?

L’articolo 101 – Norme transitorie e di attuazione, al comma 10 stabilisce che l’efficacia delle disposizioni di cui agli articoli 77, 79, comma 2-bis, 80 e 86 è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

Cosa di intende per costi e proventi figurativi?

I costi e i proventi figurativi sono quei componenti economici di competenza dell’esercizio che non rilevano ai fini della tenuta della contabilità, pur originando egualmente dalla gestione dell’ente e che non devono essere già stati inseriti nella contabilità.
Nei costi e proventi figurativi rientrano tra l’altro: i) i costi e proventi figurativi relativi ai volontari iscritti nel relativo registro ii) quelli relativi ai volontari occasionali e iii) quelli relativi all’erogazione/ricezione gratuita di servizi (ad es. il comodato d’uso).
I costi e proventi figurativi, opportunamente documentati, sono rilevati in calce al rendiconto gestionale al fair value della prestazione ricevuta o eseguita se attendibilmente stimabile. Nel determinare il valore:
a) del costo figurativo del volontario si fa riferimento alla «retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dei contratti collettivi di cui all’art. 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n°81» così come previsto dal decreto ministeriale»;
b) dei proventi figurativi, è possibile fare riferimento ai relativi costi figurativi quando lo stesso non risulta facilmente individuabile.
Qualora il fair value non sia attendibilmente stimabile, l’ente ne dà conto nella relazione di missione.